Spesso Brand Journalism, Native Advertising e Content Marketing vengono considerati dei sinonimi. In realtà, sono dei modi molto diversi di intendere lo storytelling aziendale e hanno funzioni diverse. Per capire appieno le loro potenzialità è importante conoscerne le differenze.
Brand journalism: una questione di metodo
Un brand journalist è un giornalista a tutti gli effetti, che usa la sua expertise per trasformare dati e informazioni in storie appetibili per il target di riferimento di un brand. Il suo compito è di creare contenuti rilevanti con l’etica e la tecnica giornalistica.
Si tratta cioè di:
- scovare notizie, spesso scavando sotto la superficie;
- fare (e farsi) le domande giuste;
- realizzare interviste coinvolgenti;
- esplorare il mondo del brand e il suo mercato;
- rendere le storie interessanti per chi le deve fruire.
Tutto ciò viene perseguito tramite un flusso costante di contenuti di qualità, ideale in una brand communication omnichannel, che sfrutta i diversi canali di proprietà del brand: sul web, legandosi in modo virtuoso alla SEO, ma anche sulla carta stampata, con un video, sui social o tramite un podcast.
Il content marketing consiste nel creare storytelling aziendale per per creare engagement e orientare il processo d’acquisto degli utenti. Risulta quindi più funzionale ad una strategia di vendita diretta. Il brand journalism, invece, crea un engagement più duraturo perché informa e intrattiene l’utente, creando una forte fiducia verso il brand.
Le differenze con il Native Advertising
Il native advertising è una strategia evoluta di promozione dei contenuti pubblicitari. In pratica è l’evoluzione degli advertorial, detti anche publiredazionali. Consiste infatti nel creare dei contenuti di qualità che si adattano al tone of voice e allo stile della testata o del sito che li ospita.
L’obiettivo di questo tipo di contenuti è di rendere il messaggio pubblicitario più coinvolgente per il lettore. Ciò serve ad aggirare la crescente repulsione degli utenti verso annunci pubblicitari diretti. Anche i contenuti di native advertising sono di valore e pensati per intrattenere, informare, catturare l’attenzione e stimolare la curiosità del lettore/spettatore/ascoltatore. Il native advertising lo fa, però, su piattaforme esterne all’azienda, a differenza del brand journalism che agisce su media proprietari.
Obiettivi e vantaggi del Brand Journalism
Il brand journalism crea contenuti per i media proprietari dell’azienda. E lo fa in modo trasparente per il pubblico. Per lui è chiaro che le informazioni che riceve sono di parte, ma al tempo stesso sono corrette e vere.
L’obiettivo del brand journalism è quello di offrire contenuti di qualità a un pubblico interessato, basandosi su competenze ed esperienze maturate dal brand.
Ciò consente di:
- aumentare visibilità e autorevolezza del brand;
- l'affermazione come fonte d'informazione credibile;
- diventare opinion leader nel proprio settore;
- contrastare falsi miti e proteggere il brand da attacchi reputazionali.
Il risultato finale è quello di aumentare fiducia e brand awareness che nel lungo periodo si tramutano in efficaci leve commerciali.
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